Thomas Hobbes

Lo stato assoluto

Thomas Hobbes è una figura ancora oggi significativa per la sua radicalità delle posizioni teoriche.

Visse in uno dei periodi più instabili e sanguinosi della storia inglese, fu un assertore convinto dell’ assolutismo regio, la concezione secondo cui al re spetta, per diritto divino, il potere assoluto.  Tale potere è interpretato come l’unica protezione contro un inevitabile disordine a cui la società andrebbe incontro senza un governo monarchico che assommi in sé tutte le prerogative del dominio. 



Hobbes compie in prima persona l’esperienza dell’individualismo e dell’aggressività di cui è capace l’animo umano, descrivendola nelle pagine delle sue opere, in cui dichiara di essere “fratello gemello della paura”. Durante la sua vita, infatti, egli assiste ai fatti drammatici che colpiscono il suo paese, come lo scontro tra il parlamento e il sovrano, da cui fugge per il timore che le sue idee filo-monarchiche potessero suscitare dure reazioni nei sostenitori del parlamento. 

Una situazione personale e pubblica così difficile influenza sul pensiero di Hobbes verso l’ispirazione alla pace, la quale dev’essere perseguita, secondo il filosofo, tramite la certezza dell’applicazione della legge e un potere forte. 


PROGETTO POLITICO 

Hobbes possiede una visione pessimistica dell’essere umano, giudicato fondamentalmente egoista, avido e violento, secondo il motto del poeta latino Plauto:

homo homini lupus 

Tale motto, tradotto, significa che ogni uomo è un lupo per l’altro uomo, una concezione negativa della natura umana che porta il filosofo a descrivere l’uomo come un essere alla mercé del proprio interesse personale, un sentimento che in assenza di una forma superiore di controllo, gli impedisce di riconoscere i propri limiti naturali. 

Hobbes mira quindi ad elaborare una dottrina politica sulla cui organizzare una comunità civile ordinata e pacifica, nella quale, l’asso lutiamo politico diviene una necessità logica e razionale.


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