Il periodo critico

Critica della ragion pura (1781):
Kant si riferisce a Critica della ragion pura con l’intento di un’indagine rigorosa della capacità della ragione riguardo a tutte le conoscenze a cui la ragione umana può aspirare a prescindere dall’esperienza. La conoscenza derivante dall’esperienza viene chiamata a Posteriori, mentre quella indipendente dall’esperienza è chiamata a Priori, universale e necessaria.


La Critica della ragion pura si divide in:

  • Estetica trascendentale, la quale studia le forme pure della sensibilità, cioè Spazio e Tempo, che condizionano il modo di apparire a noi delle cose.
  • Logica trascendentale, che tratta dei concetti puri, o categorie dell’intelletto, la quale si divide a sua volta in Dialettica trascendentale e Analitica trascendentale. L’intelletto  è  la  facoltà  mediante la quale gli oggetti vengono ‘pensati’, ovvero le intuizioni sensibili vengono  elaborate, unificate, in concetti.  
  • L’Analitica dei Concetti, in cui Kant si propone di ricercare tutte le forme a priori dell’intelletto, rilevando che la funzione propria dei concetti consiste nell’unificare, un molteplice sotto una rappresentazione comune, attraverso l’attività di Sintesi.
  • L’Analitica dei principi, la quale insegna ad applicare ai fenomeni i concetti. Pensare e conoscere non sono espressi come la stessa cosa, un oggetto può essere pensato mediante le categorie ma può essere conosciuto solo tramite intuizioni sensibili di spazio e tempo. 

Critica della ragion pratica (1788):

La Critica della ragion pratica si propone la ricerca delle condizioni della morale. Nell’uomo è presente una Legge Morale che lo comanda come un Imperativo Categorico, cioè incondizionatamente. L’uomo sente di dover obbedire alla ragione come una forma di legge del dovere, universale e che ha come fine il rispetto della persona umana, postulando la libertà, l’immortalità dell’anima e l’esistenza di Dio.


Critica del Giudizio (1790):

L’attività del giudizio è l’argomento trattato nell’opera, questa attività deve scorgere sul mondo fenomenico il riflesso del regno dei fini (cioè secondo i dettami della legge morale), e lo può fare in due modi: come giudizio determinante o come giudizio riflettente. 

Il primo è quello del giudizio gnoseologico e morale, mentre l’esigenza del giudizio riflettente può essere estetico o finalistico.

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